domingo, 25 de dezembro de 2011

La mia Vita


Leggere l'autobiografia di Joseph Ratzinger aiuta a fare piazza pulita di tutte le etichette che, in questi anni e dopo l'elezione al soglio pontificio, sono state appiccicate addosso al già custode della Dottrina della Fede. Chi si aspettasse di trovare nel libro la storia e il ritratto di un Ratzinger rigido«tradizionalista» e «conservatore», resterà inevitabilmente deluso. Sin dalle prime pagine, infatti, e per tutto lo svolgimento cronologico del testo, egli si sforza di descrivere per cenni - tanto brevi quanto significativi - il clima spirituale in cui si svolse la sua giovinezza e maturò la sua vocazione. Una vocazione - certo - al sacerdozio, ma anche, in maniera accentuata, una sorta di vocazione alla teologia, che sembra fare da fil rouge di tutto il racconto autobiografico.
Nella Germania degli anni '30 e '40 (Ratzinger è nato a Marktl sull'Inn, un piccolo paese della Baviera, nel 1927) infatti, già si respirava l'aria di un rinnovato fervore teologico e spirituale, segnato soprattutto dal cosiddetto«movimento liturgico» e dalle nuove prospettive aperte dalla scuola esegetica. Ratzinger, pur individuando esplicitamente ed acutamente i limiti presenti in questi due fenomeni, non manca di documentare l'interesse e la vivacità da essi suscitati in tanti giovani alla ricerca, dopo la tragedia della prima guerra mondiale, di una teologia e di una proposta cristiana in grado di fare i conti fino in fondo con i dati e le domande brucianti dell'esistenza. Il passaggio da un clima culturale rigidamente razionalista, scientista e tecnicista (quale era quello dei primi decenni del Novecento) ad un clima - potremmo dire - più disincantato ed «esistenzialista», viene vissuto dal giovane Ratzinger in tutta la sua portata, e lo spinge a coniugare un limpido e solido radicamento nella tradizione cristiana familiare con una «spregiudicata» e saporita ricerca teologica capace di rivolgersi alle istanze spirituali più profonde dei suoi contemporanei.

Gli anni del nazismo e la seconda guerra mondiale

Tutto questo matura in Ratzinger proprio negli anni in cui la Germania vive la tragedia del nazismo. Suo padre, gendarme, comprende subito l'essenza e le potenzialità di male presenti nel nazionalsocialismo, e nei primi anni del nuovo regime cerca il più possibile di tenere un «basso profilo», di non mettersi al servizio del crescente clima di violenza e di sopruso. Da qui i numerosi spostamenti e cambiamenti di residenza della famiglia, alla ricerca di località non ancora fagocitate dall'ideologia hitleriana. Un'ideologia che il giovane seminarista Joseph legge come profondamente avversa al Cristianesimo e alla tradizione spirituale della Germania e dell'Europa intera; un'ideologia anti-cristiana perché radicalmente anti-umana, assolutizzatrice dei peggiori miti creati dalla modernità.
Scoppia la seconda guerra mondiale. Il regime, bisognoso di sempre nuovo personale militare, decide nel 1943 che le sedi dei collegi studenteschi vengano spostate nei pressi delle batterie antiaeree e che gli studenti, nel tempo non occupato dalle lezioni e dallo studio, partecipino ai servizi di difesa dagli attacchi aerei nemici. Joseph, allora appartenente al seminario di Traunstein, viene chiamato, con tutta la sua classe, nei servizi di contraerea a Monaco. A Gilching viene assegnato ai servizi telefonici e dispensato dalle esercitazioni militari. Gode di un piccolo alloggio personale, che gli permette di dedicarsi, al di fuori delle ore del servizio, ai suoi studi e alle sue letture. Con un gruppo di cattolici, organizza lezioni di religione e ottiene di poter occasionalmente frequentare la chiesa.
Ma la tragedia della guerra procede«Il 10 settembre 1944 - racconta Ratzinger - giunti nel frattempo all'età del servizio militare, venimmo congedati dalla contraerea...Quando tornai a casa, sul tavolo c'era già la chiamata al servizio lavorativo del Reich. Il 20 settembre un viaggio interminabile mi portò fin nel Burgenland...Quelle settimane di servizio lavorativo sono rimaste nella mia memoria come un periodo opprimente». Ratzinger si ritrova di fronte, a differenza dei mesi di Gilching, a gerarchi nazisti «duri e puri» della prima ora, che tentano in tutti i modi di convincere i giovani ad arruolarsi nelle SS. Seguendo il coraggioso esempio di altri suoi compagni, alla richiesta di arruolamento nelle SS risponde manifestando la sua intenzione di farsi sacerdote cattolico. «Venimmo coperti di scherni e di insulti - racconta - ma queste umiliazioni ci erano molto gradite, dal momento che ci liberavano dalla minaccia di questo arruolamento falsamente "volontario" e da tutte le sue conseguenze». Per alcuni mesi, Ratzinger è sottoposto ai servizi lavorativi per l'esercito. Ma intanto, l'avanzata liberatrice degli alleati procede, sempre più zone della Germania vengono liberate e finalmente anche Joseph, non senza rischi, riesce a far ritorno a casa. Trascorre poi un breve periodo in un campo di prigionieri americano, fino al definitivo ritorno a casa.

Sacerdote e teologo

Terminata la guerra, tra le mille difficoltà dovute alle devastazioni del conflitto mondiale, Ratzinger può finalmente riprendere il suo cammino al sacerdozio e dedicarsi a tempo pieno allo studio teologico. Frequenta il seminario di Frisinga. Legge e impara ad amare Dostoevskij, Claudel, Bernanos, Mauriac, Guardini, Buber. «Riconoscenza e voglia di rinascere, di lavorare nella Chiesa e per il mondo: erano questi - scrive - i sentimenti che dominavano l'atmosfera in quella casa». E' di questo periodo il grande innamoramento per l'opera e per l'insegnamento di sant'Agostino, che segnerà poi in profondità tutta la vita e il pensiero di Ratzinger. Dopo il biennio filosofico di Frisinga, Ratzinger è a Monaco, dove incontra in tutta la sua portata il dibattito teologico di quegli anni: il sempre crescente ruolo dell'applicazione del metodo storico allo studio delle Scritture, il rapporto tra esegesi e dogma, il rinnovamento della liturgia sono solo i principali problemi posti alla teologia dalla cosiddetta «svolta» dei primi decenni del Novecento e con cui il giovane teologo Ratzinger si dovrà confrontare. «Quando ripenso - racconta - agli anni intensi in cui studiavo teologia, posso solo meravigliarmi di tutto quello che oggi si sostiene a proposito della cosiddetta chiesa "preconciliare". Tutti noi vivevamo nella percezione della rinascita, avvertita già negli anni Venti, di una teologia capace di porre domande con rinnovato coraggio e di una spiritualità che si sbarazzava di ciò che è ormai invecchiato e superato, per farci rivivere in modo nuovo la gioia della redenzione. Il dogma non era sentito come un vincolo esteriore, ma come la sorgente vitale, che rendeva possibili nuove conoscenze. La Chiesa per noi era viva soprattutto nella liturgia e nella grande ricchezza della tradizione teologica». Sin da bambino, del resto, Joseph Ratzinger aveva sperimentato in maniera profonda tutta l'attrattiva della liturgia. Racconta della gioia nata in lui, sin dagli anni dell'infanzia, dalla lettura del Messale quotidiano, con tutta la sua ricchezza spirituale che sarebbe stata, negli a venire, così feconda per il suo pensiero e le sue opere. E proprio la liturgia è un tema fondamentale del suo interesse come teologo e come pastore.
Riceve l'ordinazione sacerdotale il 29 giugno del 1951. Dopo aver ottenuto, nel 1953, il dottorato con una dissertazione su «Popolo e Casa di Dio nella Dottrina della Chiesa di sant'Agostino» e nel 1957 la libera docenza con una tesi sulla teologia della storia di Bonaventura, nel 1962 viene chiamato al Concilio Vaticano II come consulente teologico del cardinale Frings. Al Concilio, stringe amicizia con i maggiori teologi chiamati a partecipare all'assise, tra cui De Lubac, Danielou, Congar, Philips.

Ratzinger e il Concilio Vaticano II

Proprio le vicende conciliari segnano la definitiva maturazione del pensiero teologico ed ecclesiale di Ratzinger. Da un lato, si approfondisce in lui un concetto non statico di «rivelazione». Rifacendosi ai Padri della Chiesa e al Concilio di Trento, egli afferma che non è possibile ridurre tutto lo spettro della rivelazione al solo testo delle Scritture. La rivelazione è invece un fatto dinamico, che implica la partecipazione ad essa della libertà dell'uomo che ascolta l'annuncio della salvezza. La rivelazione, cioè, presuppone un Dio che si manifesta all'uomo e l'uomo che accoglie questa manifestazione, questa«epifania» del divino. Dio, rivelandosi ed incarnandosi in Cristo, entra dunque misteriosamente nella sfera dell'umano, delle attese e delle domande più profonde che la creatura porta con sé. Ed è dall'uomo che Egli attende una risposta, l'adesione alla Sua amicizia e alla Sua Persona.
Dall'altro lato, Ratzinger comprende fino in fondo tutte le contraddizioni e i pericoli insiti in una lettura che potremmo chiamare «integralista» del Concilio Vaticano II, come se questo avesse dovuto essere una rifondazione radicale della Chiesa e del suo edificio spirituale. Nell'autobiografia, egli denuncia a chiare lettere la confusione generata, nel popolo cristiano, dalla predominanza dell'intellighentzia teologica sul comune sensus fidei. Sembrava in quegli anni - dice - che non vi fosse più nulla di certo e stabile nella dottrina cristiana, e che un gruppo di teologi potesse sovvertire e modificare ogni punto del depositum fidei. La critica più aspra di Ratzinger si rivolge, in tal senso, alla riforma liturgica promulgata da Paolo VI, nel 1969, con il Novus ordo missae«Il fatto che - scrive - dopo un periodo di sperimentazioni che spesso avevano profondamente sfigurato la liturgia, si tornasse ad avere un testo liturgico vincolante, era da salutare come qualcosa di sicuramente positivo. Ma rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l'impressione che questo fosse del tutto normale». E prosegue: «La promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell'antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano solo essere tragiche».

La Commissione Teologica Internazionale e l'ordinazione episcopale

Dopo l'esperienza conciliare, Ratzinger viene chiamato a far parte della Commissione Teologica Internazionale. Fonda, assieme ad altri eminenti teologi, la rivista internazionale Communio, che ancora oggi prosegue la sua attività. Nel frattempo, prosegue la sua intensa e feconda esperienza di docente, prima a Bonn, poi a Munster, Tubinga (chiamato dal teologo svizzero Hans Kung) e infine a Ratisbona. E' fiero oppositore della svolta sessantottina. Critica alla radice lo spirito utopico di quegli anni e l'infiltrarsi, anche nella Chiesa, dell'idea marxista della realizzazione di un «paradiso in terra» dimentico della reale natura e delle più profonde esigenze spirituali dell'uomo.
Nel 1977, Paolo VI lo nomina arcivescovo di Monaco e Frisinga. Cattedra che terrà fino al 1981, anno in cui verrà chiamato a Roma, da Giovanni Paolo II, a presiedere la Congregazione per la Dottrina della Fede.

Una storia che continua...

E qui inizia la storia recente del cardinale Ratzinger, una storia culminata, lo scorso 19 aprile, con l'elezione al soglio pontificio col nome di Benedetto XVI. L'autobiografia si conclude proprio con la testimonianza dell'esperienza pastorale a Monaco. E si conclude, nell'ultima pagina, con il richiamo all'orso di Corbiniano, primo vescovo di Monaco e Frisinga, che Ratzinger ha fatto apporre anche nel suo stemma pontificio, e che ci riporta all'immagine di quel «semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore» con cui egli si è voluto definire subito dopo l'elezione papale: «Un orso - racconta - aveva sbranato il cavallo del santo, che stava recandosi a Roma. Corbiniano lo rimproverò aspramente per questo misfatto e come punizione gli caricò sulle spalle il fardello che fino a quel momento era stato portato dal cavallo. L'orso dovette trasportare il fardello fino a Roma... Cosa potrei raccontare di più e di più preciso sui miei anni come vescovo? Di Corbiniano si racconta che a Roma restituì la libertà all'orso. Se questo se ne sia andato in Abruzzo o abbia fatto ritorno sulle Alpi, alla leggenda non interessa. Intanto io ho portato il mio bagaglio a Roma e ormai da diversi anni cammino con il mio carico per le strade della Città Eterna. Quando sarò lasciato libero, non lo so, ma so anche per me vale il salmo: "sono divenuto una bestia da soma, e proprio così io sono vicino a te"».

Livro:La mia Vita
autor:Joseph Ratzinger
editora:San Paolo
pgs:152
língua:italiano
ano:1997
biblioteca pessoal: não tenho

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